Che cosa ho capito? PRIMO – che se mi metto in ascolto dell’altro, posso essere molto più utile che non scaricandogli addosso tutti i miei ragionamenti da studioso e che le persone che non la pensano come me, non sono necessariamente stupide. SECONDO – che bisogna alzare le chiappe dalla sedia e smetterla di lamentarsi, provando a dare un aiuto concreto, imparando anche a prendere la vita con meno pessimismo e un po’ più di leggerezza…

Mi chiamo Giacomo, ho 26 anni e ho deciso di dedicare un anno della mia vita per rendermi utile alla società e per realizzare il mio desiderio di aiutare coloro che ne hanno bisogno.

Attualmente sono operativo presso l’Emporio della Solidarietà “12 Ceste” di Bardolino (VR) e il Centro di Ascolto Caritas di Garda (VR). Le mie mansioni si dividono a metà tra il servizio di market solidale (magazzino, sistemazione corsie, accoglienza e supporto alle persone che vi accedono) e l’aiuto operativo e di backoffice presso il CdA. 

All’inizio di questa esperienza mi aspettavo di confrontarmi con una realtà fortemente critica e soprattutto permeata di depressione e tristezza, soprattutto da parte degli utenti.

Che cosa hai trovato? 

Che cosa hai capito sul mondo, sugli altri svolgendo il Servizio Civile? 

Che, purtroppo, troppo spesso si vive con idee sull’ ambiente che ci circonda che, se non false, sono quantomeno molto, molto esagerate in negativo.  

Tra gli episodi che mi hanno colpito di più senza dubbio non dimenticherò facilmente quando, durante un colloquio al Centro di Ascolto, una signora è scoppiata in lacrime a causa della situazione scolastica del figlio.

Perché ti ha colpito? 

Cosa porterai con te dal tuo anno di Servizio Civile in Caritas?

I legami creatisi con gli altri volontari del Servizio Civile e del personale Caritas, oltre che quelli con gli altri operatori, avranno sicuramente un posto importante nel mio cuore.

Mi sento senza alcun dubbio una persona molto più decisa nelle sue scelte e speranzosa che, anche nei momenti più difficili, non bisogna mai perdere la speranza, e fare di tutto per far ciò che essa si realizzi. Ho anche imparato ad ascoltare molto di più gli altri e a fare, verso me stesso, una maggiore autocritica, con un altrettanto maggiore indulgenza verso i miei errori.

Con questa esperienza ho capito che, se mi metto in ascolto dell’altro, posso essere molto più utile che non scaricandogli addosso tutti i miei ragionamenti da studioso. Inoltre, che molte persone, che non la pensano come me, non sono necessariamente stupide.

Bisogna inoltre alzare le chiappe dalla sedia e smetterla di lamentarsi, provando a dare un aiuto concreto, imparando anche a prendere la vita con meno pessimismo e un po’ più di leggerezza.

Consiglierei assolutamente questa esperienza se fatta spinti da una reale volontà di mettersi in gioco. Dal mio punto di vista, è un’esperienza che ti permette realmente di migliorare come persona. Risulta fondamentale, a mio avviso, soprattutto per i ragazzi più giovani di me, che si trovano, purtroppo, troppo spesso spaesati e lasciati a sé stessi in un mare magnum dove niente sembra più certo.