Sono una ragazza di Verona come tante altre, con la differenza di sentirmi intrappolata se rimango troppo a lungo nella mia bella città. Ho 26 anni e sono laureata in Lingue per la Comunicazione e la Cooperazione Internazionale a Padova. Da sempre sono stata orientata verso il mondo del sociale, sia per un’inclinazione personale, sia per il mio lungo percorso all’interno dello scoutismo. A questo si è da subito aggiunta la mia voglia di conoscere il mondo e le diverse culture.

Con il tempo ho deciso di voler trasformare questa mia inclinazione in qualcosa di più concreto, di farla diventare parte integrante della mia vita. È così che ho iniziato a guardarmi intorno e a cercare un modo per partire, non più solo per una breve esperienza ma per provare a mettermi concretamente alla prova nel lavoro sul campo. È questa la possibilità che dà il Servizio Civile internazionale: impegnare un anno della propria vita in progetti di cooperazione e mettersi in gioco per scoprire quale potrebbe essere la propria strada, perché un’esperienza così forte e totalizzante obbliga anche a riflettere su se stessi.

Ho deciso candidarmi presso Caritas Italiana per un progetto in Guinea Conakry, un paese poco conosciuto dell’Africa Occidentale. Quello che mi ha colpito dell’approccio Caritas è il voler collaborare nei Paesi in via di sviluppo INSIEME alla gente, non PER la gente. La maggior parte dei progetti sono gestiti da uno staff completamente locale, con cui la Caritas Italiana tiene regolarmente i contatti.

Sono stata inserita all’interno dell’OCPH (Organisation pour la Promotion Humaine), la Caritas della diocesi di N’Zérékoré, nel sud del Paese. Lo staff è tutto guineano, e poi c’eravamo io e Michele, il mio compagno di viaggio. Al nostro arrivo abbiamo visitato i tanti progetti dell’organizzazione che toccano le fasce più disagiate della popolazione: malati, donne vedove e abbandonate, carcerati… Il nostro ruolo è stato quello di seguire con loro i progetti e di lavorare insieme dando idee e il nostro contributo, per quanto possibile. È stato un lavoro non certo facile, che si è scontrato con le difficoltà concrete legate alla realtà del luogo e le differenze culturali che sono molto marcate.

Intessere relazioni umane con la gente del luogo non è stato difficile. Mi sono sempre sentita bene accolta, anche se le differenze culturali erano tante e a volte mi sembrava di viaggiare su mondi davvero diversi e difficilmente comunicabili. Tuttavia, un piatto di riso in mezzo alla propria famiglia allargata è una proposta che mi è stata fatta molte volte e a cui non ho mai saputo rinunciare.

Ai ragazzi che sono alla ricerca di un’esperienza “forte”, dico di buttarsi con entusiasmo e cercare di prendere il meglio dall’enorme possibilità che offre il Servizio Civile internazionale. Il confronto con il diverso ci aiuta a metterci in discussione, a conoscere meglio noi stessi e gli altri, a ragionare senza pregiudizi. Un’esperienza che sono sicura servirebbe a tutti vivere.

Chiara

Chiara Brunelli – casco bianco Servizio Civile Internazionale (anno 2014/2015)