Marina

???? “Volontariato è gratuità ed è relazione con gli altri. Per me il volontariato è un dare e un ricevere, un giorno si dà e un giorno si riceve. Volontariato è uno spazio di creatività, mi piace anche pensarlo così.” 

(Marina, volontaria Caritas)

 

???? Per la nostra rubrica “Pillole di volontariato”, vi raccontiamo la storia del servizio di Marina all’interno del progetto “Emporio della Solidarietà”:  

 

I: Ciao, come ti chiami, quanti anni hai e cosa fai nella vita?

M: Mi chiamo Marina, ho 49 anni, faccio la moglie e la mamma di quattro figli e sono volontaria in Caritas. 

 

I: Che tipo di volontariato fai? In cosa consiste il tuo servizio? 

M: Il mio servizio in Caritas consiste nell’essere presente in Emporio, vengo un giorno fisso alla settimana e faccio quello che c’è bisogno [sorride], se serve sto in accoglienza, se serve sto in cassa, se serve sto tra gli scaffali. Sono anche la referente per i volontari dell’Emporio di Borgo Roma, quindi organizzo i turni di servizio, accolgo i nuovi volontari.  

 

I: Perché hai iniziato a fare volontariato e da quanti anni lo fai?

M: Faccio volontariato in generale da quando sono adolescente, in vari ambiti legati all’ambiente della parrocchia, nei doposcuola, o animazione, piuttosto che formazione o catechesi. 

Quindi volontariato l’ho sempre fatto e nello specifico sono nell’ambito Caritas da un anno, da quando è stato aperto l’Emporio qui a Borgo Roma. 

 

I: Cosa ti ha spinto nella tua vita a fare volontariato? 

M: Penso che è una componente naturale che abbiamo dentro, nel senso che ho sempre pensato che non siamo soli al mondo e siamo in qualche modo legati gli uni agli altri. Possiamo essere felici solo se sono felici gli altri e stiamo bene solo se stanno bene gli altri e viceversa, è uno scambio, un dare e un ricevere continuamente, un giorno posso dare e un giorno posso ricevere insomma. Il volontariato è l’ambito naturale dove questa relazione prende forma, è proprio l’ambito naturale della gratuità e della gratitudine, che non vuol dire per forza fare grandi cose o compiti particolari. Vedo anche qui in Emporio che tutto funziona perché tutti fanno un “pezzettino” ed il modo in cui ognuno di noi fa quel “pezzettino” che conta. Al di là delle capacità di ciascuno, conta tanto il modo. Penso e vedo ogni giorno quanto è importante per le persone un sorriso e un gesto di accoglienza, fa bene a loro, fa bene a me…penso che il volontariato in generale fa bene al cuore, ecco. 

 

I: Quindi, perché fare volontariato?

M: Perché fa bene al cuore come dicevo, volontariato è proprio quel luogo in cui la relazione è più genuina, più vera, è il luogo più puro della relazione con gli altri, senza interessi e senza secondi fini.

Facendo volontariato un giorno si dà e un giorno si riceve, un giorno cammino più veloce io e do una mano a te, un altro giorno cammini più veloce tu e dai una mano a me. 

 

???? Ringraziamo Marina per la sua disponibilità e per il suo servizio in Caritas, vi aspettiamo il prossimo mese per una nuova storia di “Pillole di Volontariato”.

 


Giovanni

???? “Volontariato non è dare ma condividere, condividere conoscenza, condividere difficoltà. 

Volontariato è il dare disponibilità” (Giovanni, volontario Caritas)

 

????  Vi ricordate di Giovanni, il nostro amico volontario all’interno dei laboratori di Officina Culturale?

????  Oggi vi raccontiamo la storia del suo volontariato, attraverso questa breve intervista:  

 

I: Ciao, come ti chiami, quanti anni hai e cosa fai nella vita?

G: Sono Giovanni, ho 46 anni, sono un ingegnere informatico, mi occupo di Quality Assurance Engineering presso un’azienda di logistica e sono volontario in Caritas.  

 

I: Che tipo di volontariato fai? In cosa consiste il tuo servizio? 

G: In Caritas insegno informatica sia per personale interno, quindi per coloro che lavorano e fanno servizio in Caritas, sia per le persone che si rivolgono alla Caritas, all’interno dei laboratori di Officina Culturale. 

Nel primo caso le lezioni spaziano da Word, Excel, gestione di database, fino ad arrivare anche a livelli avanzati. Invece per quanto riguarda gli utenti Caritas faccio corsi di livello base e quindi sistemi operativi, gestione di file e cartelle internet, gestione della posta elettronica. 

 

I: Come mai, hai iniziato a fare volontariato? 

G: Circa 10 anni fa facevo parte della Ronda della Carità, praticamente aiutavo a preparare i pasti nella mensa che c'è in zona universitaria, poi una mia amica mi ha proposto di fare volontariato e mettermi in gioco nel mio ambito, quello dell’informatica, ho accettato e mi sono da subito trovato benissimo all'interno di Caritas.  

 

I: Da quanti anni è che fai volontariato in Caritas? 

G: Da una decina di anni.

 

I: Perché fare volontariato? 

G: Fare Volontariato ti arricchisce, non è solo un dare, ma ti fa integrare e sperimentare cosa vuol dire dare una mano per gli altri in maniera gratuita. Il ritorno che hai è proprio una soddisfazione. Personalmente mi piace aiutare le persone, mi viene spontaneo, è una cosa che mi fa star bene perché è una cosa bella vedere le persone felici. 

Dare una mano con le mie capacità, con le mie competenze, ad un'altra persona e vederla felice mi rende felice. E perché allora non farla? 

È una cosa che ti fa stare bene e mi ha sempre fatto stare bene questa cosa. 

Il volontariato è un impegno, perché deve essere un impegno, che una volta preso lo porti avanti e poi ti dà soddisfazione. Il volontariato trasmette un messaggio positivo, il mio volontariato non trasmette solo conoscenza, ma vuole trasmettere anche una mentalità positiva nell'affrontare i problemi. 

Quando io faccio un corso di informatica non insegno solo delle nozioni, come accendere il computer, ma io voglio che la persona che si mette davanti al computer sia a suo agio nell’utilizzare il computer, non deve essere “impaurita”. Lo scopo è quello che di creare un senso di autonomia, di indipendenza nella persona e nel suo approccio all’informatica. 

???? Ringraziamo Giovanni per la sua disponibilità e per il suo servizio con noi, per oggi è tutto, vi diamo appuntamento alla prossima puntata di Pillole di Volontariato Caritas.


Remo

Erano i miei primi giorni di servizio, e mi ritrovavo spesso e volentieri a spostare casse piene di frutta e verdura… però a mani nude, perché continuavo a dimenticarmi i guanti da lavoro. Un volontario, forse volendo porre fine al triste spettacolo di questo disegnatore dalle mani delicate che si spellavano alzando due cassette, mi prese in disparte un attimo e me ne regalò un paio. “Scrivici il tuo nome sopra, mi raccomando”, mi disse.

Mi chiamo Remo, ho 26 anni e sto svolgendo Servizio Civile Regionale all’Emporio della Solidarietà “Il Tione” di Villafranca di Verona.

Ho deciso di iniziare questa esperienza per smuovermi. Ero in un periodo di inattività e immobilismo, seguito a un percorso di studi un po’ accidentato (un corso di Design in Accademia di Belle Arti abbandonato e un triennio alla Scuola Internazionale di Comics concluso da circa un anno) ma, nonostante un po’ di pigrizia di natura, c’era la voglia di mettermi in gioco.  

Si può dire senza troppi giri di parole che sono un “tuttofare”. Mi sono messo a disposizione, nei limiti delle mie possibilità, in tutto ciò che concerne la vita dell’Emporio, dalla pulizia di frutta e verdura alla promozione di iniziative e laboratori, con un occhio di riguardo alle piccole necessità di creazione grafica (volantini, grafici informativi…). 

Se mi chiedessero “Qual è l’episodio più significativo di questa esperienza?” racconterei questo: erano i miei primi giorni di servizio, e mi ritrovavo spesso e volentieri a spostare casse piene di frutta e verdura… però a mani nude, perché continuavo a dimenticarmi di portare in Emporio dei guanti da lavoro. Un volontario, forse volendo porre fine al triste spettacolo di questo disegnatore dalle mani delicate che si spellava alzando due cassette, mi prese in disparte un attimo e me ne regalò un paio. “Scrivici il tuo nome sopra, mi raccomando”, mi disse. Li uso tuttora. In qualche modo per me simboleggiano la generosità delle persone che ho incontrato durante tutto l’arco del mio servizio. 

Oltre a quel paio di guanti, porto con me una maggiore consapevolezza. Soprattutto delle realtà difficili che affrontano le persone che ci camminano a fianco, ogni giorno, senza che ce ne rendiamo conto… Ma anche delle persone che ogni giorno aggiungono il loro contributo al tentativo di rendere il mondo un pochino migliore, in modo altrettanto silenzioso e invisibile ai più. 

Con questa esperienza volevo un bagno di umanità e volevo rendermi utile. Così è stato, e spero che lo sia anche nei prossimi mesi fino allo scadere del mio tempo in questa realtà di Servizio Civile. A livello personale, che dire? Quel che all’inizio era un mondo nuovo, pian piano è diventato un’abitudine e una certezza. Persino io, che cronicamente sono un disastro nel ricordarmi anche pochi nomi, ho iniziato a ricordare a memoria quelli degli utenti scritti sull’elenco in accoglienza. Altro discorso rimane associare quei nomi ai volti (accidenti a voi, mascherine!), ma non sottilizziamo. Ora invece se ne va una certezza e si riapre l’ignoto. Saprò affrontarlo? Sicuramente le persone che ho incontrato mi sono state d’esempio, e mi stanno lasciando una certa carica. Vedrò di tenermi stretto tutto ciò nei miei passi futuri. 

L’esperienza di Servizio Civile credo sia un modo veramente utile, al di là di quelle che altrimenti, forse, rimarrebbero solo parole, per lasciare un’impronta concreta e visibile nel mondo che ci circonda. Allarga i propri orizzonti, spesso limitati dai binari della routine quotidiana e fa scoprire che forse l’ignoto, lo “scomodo”, il bisogno inascoltato, è a due passi da casa tua. 

 


Giacomo

Che cosa ho capito? PRIMO - che se mi metto in ascolto dell’altro, posso essere molto più utile che non scaricandogli addosso tutti i miei ragionamenti da studioso e che le persone che non la pensano come me, non sono necessariamente stupide. SECONDO - che bisogna alzare le chiappe dalla sedia e smetterla di lamentarsi, provando a dare un aiuto concreto, imparando anche a prendere la vita con meno pessimismo e un po' più di leggerezza...

Mi chiamo Giacomo, ho 26 anni e ho deciso di dedicare un anno della mia vita per rendermi utile alla società e per realizzare il mio desiderio di aiutare coloro che ne hanno bisogno.

Attualmente sono operativo presso l’Emporio della Solidarietà “12 Ceste” di Bardolino (VR) e il Centro di Ascolto Caritas di Garda (VR). Le mie mansioni si dividono a metà tra il servizio di market solidale (magazzino, sistemazione corsie, accoglienza e supporto alle persone che vi accedono) e l’aiuto operativo e di backoffice presso il CdA. 

All’inizio di questa esperienza mi aspettavo di confrontarmi con una realtà fortemente critica e soprattutto permeata di depressione e tristezza, soprattutto da parte degli utenti.

Che cosa hai trovato? 

Che cosa hai capito sul mondo, sugli altri svolgendo il Servizio Civile? 

Che, purtroppo, troppo spesso si vive con idee sull’ ambiente che ci circonda che, se non false, sono quantomeno molto, molto esagerate in negativo.  

Tra gli episodi che mi hanno colpito di più senza dubbio non dimenticherò facilmente quando, durante un colloquio al Centro di Ascolto, una signora è scoppiata in lacrime a causa della situazione scolastica del figlio.

Perché ti ha colpito? 

Cosa porterai con te dal tuo anno di Servizio Civile in Caritas?

I legami creatisi con gli altri volontari del Servizio Civile e del personale Caritas, oltre che quelli con gli altri operatori, avranno sicuramente un posto importante nel mio cuore.

Mi sento senza alcun dubbio una persona molto più decisa nelle sue scelte e speranzosa che, anche nei momenti più difficili, non bisogna mai perdere la speranza, e fare di tutto per far ciò che essa si realizzi. Ho anche imparato ad ascoltare molto di più gli altri e a fare, verso me stesso, una maggiore autocritica, con un altrettanto maggiore indulgenza verso i miei errori.

Con questa esperienza ho capito che, se mi metto in ascolto dell’altro, posso essere molto più utile che non scaricandogli addosso tutti i miei ragionamenti da studioso. Inoltre, che molte persone, che non la pensano come me, non sono necessariamente stupide.

Bisogna inoltre alzare le chiappe dalla sedia e smetterla di lamentarsi, provando a dare un aiuto concreto, imparando anche a prendere la vita con meno pessimismo e un po' più di leggerezza.

Consiglierei assolutamente questa esperienza se fatta spinti da una reale volontà di mettersi in gioco. Dal mio punto di vista, è un’esperienza che ti permette realmente di migliorare come persona. Risulta fondamentale, a mio avviso, soprattutto per i ragazzi più giovani di me, che si trovano, purtroppo, troppo spesso spaesati e lasciati a sé stessi in un mare magnum dove niente sembra più certo. 

 


Ilaria

Dopo anni di decisioni prese più con la testa che con il cuore, ero finita in un limbo di immobilità e monotonia a cui dovevo assolutamente mettere fine. Ho acceso il computer, ho digitato le due parole fatidiche “volontariato” e “Caritas” e in due secondi è apparso un video in cui un ragazzo parlava della sua esperienza di Servizio Civile. L’ho capito subito. Anche io volevo far parte di questa realtà…

Mi presento, sono Ilaria, ho quasi 26 anni e quest’anno ho la fortuna di svolgere il Servizio Civile presso l’Emporio della Solidarietà “Buon Pastore” e il Centro di Ascolto Caritas dell’Unità Pastorale di San Giovanni Lupatoto. 

Dico la fortuna perché è stata proprio una serie di fortunati eventi a portarmi qui. Nemmeno ci dovevo essere. Mi ero candidata per un’altra sede, e precedentemente per un altro progetto di Servizio Civile. Ma niente era in queste sedi che dovevo stare in questo anno. Mai, mai avrei immaginato potesse essere così bello e arricchente, completo e stimolante. Non ho utilizzato parole a caso per descrivere questa esperienza. 

Tutto è partito dall’ottobre del 2020. Dopo anni di decisioni prese più con la testa che con il cuore, ero finita in un limbo di immobilità e monotonia a cui dovevo assolutamente mettere fine. Quindi mi sono chiesta: “Ma a me cos’è che piace fare? Cosa vorrei provare a fare per essere felice, per essere me stessa?”. Ho acceso il computer, ho digitato le due parole fatidiche “volontariato” e “Caritas” e in due secondi è apparso un video in cui un ragazzo parlava della sua esperienza di Servizio Civile. L’ho capito subito. Anche io volevo far parte di questa realtà…

In quel periodo ciò che mi mancava e che cercavo disperatamente erano gli stimoli. E dopo essermi candidata e vari passaggi burocratici eccomi all’Emporio “Buon Pastore” da cui scrivo oggi. Sono ufficialmente la ragazza di Servizio Civile. Anzi a dir la verità mi chiamano ormai tutti per nome. Tutte le persone che vengono a fare la spesa, i volontari e addirittura anche i loro familiari. 

Alle persone che mi chiedono “Beh che stai facendo adesso?” mi viene da rispondere “Sto con le persone”. Ecco, questo faccio attraverso il Servizio Civile. Sto insieme alle persone che vengono a fare la spesa, a chi li accompagna, ai loro figli, che se piccoli cerco di intrattenere attraverso la lettura di un libro, un disegno, un gioco. Con le persone chiacchieriamo, ci conosciamo. Sto con i miei compagni di Servizio Civile che fanno sentire meno mie e più nostre tutte le paure e le incertezze legate al futuro, (forse anche al presente) e speriamo all’età. Sto insieme ai volontari dell’Emporio e del Centro di Ascolto che considero oramai più amici che colleghi. 

Ma sto anche con persone che non la pensano come me, che reagiscono in maniera diversa da come farei io. Che rendono difficile il mio essere comprensiva e disponibile. Ed è attraverso questo “stare”, in cui ho incontrato idee così diverse dalle mie che è iniziata la mia avventura più grande. Mi sono dovuta mettere alla prova per forza. Se una volta mi sarei semplicemente distaccata il più possibile, oggi cerco con tutte le mie forze a non schierarmi a priori, ma di trovare un punto di incontro e il modo giusto per affrontare le cose. 

 


Elia

Quando si pensa all’immagine della persona povera a molti viene in mente quella di un barbone per strada, sporco e coi vestiti stracciati. Questo è il tipo di persona che mi aspettavo di incontrare all’Emporio della Solidarietà attraverso l’esperienza di Servizio Civile. Invece già dalla prima settimana ho iniziato a capire che il concetto di povertà è molto più complicato…

Mi chiamo Elia e ho 20 anni 

Perché hai deciso di fare servizio civile? Cosa ti ha spinto a compiere questa scelta?

Le mie mansioni all’Emporio variano molto anche in base al tipo di giornata.

Tutte le mattine le passo in magazzino. Assieme ai volontari svolgo attività come il carico della merce sul gestionale, valuto i prodotti da mettere in offerta, seleziono i vari ortaggi da esporre all’interno del market e immagazzino i beni che hanno scadenza di lunga durata e che quindi non devono essere portati in Emporio immediatamente. I pomeriggi invece presto il mio servizio presso il market solidale. Qui accompagno i vari utenti mentre fanno la spesa, sto in accoglienza dove si controllano le tessere e si fanno quattro chiacchiere ma la maggior parte delle volte mi fanno fare il “Cassiere”. 

Quando si pensa all’immagine della persona povera a chiunque viene in mente quella di un barbone per strada, sporco e coi vestiti stracciati. Questo è il tipo di persona che mi aspettavo di incontrare all’Emporio della Solidarietà. Invece già dalla prima settimana ho iniziato a capire che il concetto di povertà è molto più complicato, vasto e che possiede molte variabili. 

Ad oggi in Emporio ci sono persone che hanno perso il lavoro a causa del Covid, che avevano una vita stupenda e poi un tragico incidente le ha stravolte, che non riescono ad integrarsi, che riescono a malapena ad arrivare e fine mese con quello che anno. Attraverso il lavoro in Emporio ho capito che una persona non è povera solo per quello che indossa o per come vive. Non c’è modo di riconoscerla semplicemente camminando per strada. Questo ha creato in me maggiore consapevolezza sulla complessità di molte situazioni e una nuova apertura verso l’altro. 

Consiglieresti questa esperienza? Perché? 

  • Sicuramente consiglierei il Servizio civile a molti altri della mia età non solo per la bellissima esperienza passata, ma anche perché il servizio civile è un modo per mettersi in gioco, un modo per riuscire a fare del bene anche restando nel proprio piccolo. 

 


Agnese

Ho iniziato a frequentare l’Emporio come volontaria in un periodo “vuoto” in cui, dopo mesi di quarantena, mi ero stancata di avere lo studio come unica priorità. Sentivo il bisogno di fare altro che mi impegnasse e mi desse nuovi stimoli. Il Servizio Civile non era minimamente nelle mie intenzioni iniziali ma è stato un tempo che mi sono presa per me, per provare qualcosa di nuovo e completamente diverso da quello che ho sempre fatto. Tutto sta nel vedere cosa ne salta fuori… e godersela.

A pensarci bene non c’è stata una scelta o una motivazione particolare per cui ho presentato la mia candidatura per il Servizio Civile Regionale. Un anno fa non era minimamente nelle mie intenzioni. Ho iniziato a frequentare l’Emporio della Solidarietà “San Martino” di Legnago come volontaria in un periodo “vuoto” in cui, dopo mesi di quarantena, mi ero stancata di avere lo studio come unica priorità. Sentivo il bisogno di fare altro che mi impegnasse e mi desse nuovi stimoli.

All’Emporio principalmente svolgo attività di supporto alla segreteria: mi occupo di gestire gli appuntamenti delle persone che vengono a fare la spesa, controllo la documentazione relativa le donazioni e gli acquisti dei prodotti e mi occupo di inserire i dati nel database dedicato. Alcuni pomeriggi, svolgo servizio presso il Centro di Ascolto Caritas e il doposcuola dedicato ai bambini delle famiglie che accedono all’Emporio.

Rispetto a questa esperienza non avevo aspettative definite. Di solito non ne ho mai e prendo tutto un po’ come viene. Sapevo che mi sarebbe stato utile per una crescita innanzitutto personale ma anche lavorativa, essendo un ambito abbastanza in linea con il mio percorso di studi. Il Servizio Civile è un tempo che mi sono presa per me, per provare qualcosa di nuovo e anche completamente diverso da quello che ho sempre fatto. Lo consiglio a chi, come me, vuole ritagliarsi uno spazio per sé avendo la possibilità di conoscere il mondo del terzo settore e tutte le persone che ne fanno parte, anche attraverso le loro storie, pregi e difetti compresi. 

Prendendomi questo tempo, in realtà ho avuto la possibilità di dedicare molto tempo agli altri, sia alle persone che accedono ai servizi, sia a tutti i membri del team Caritas, che affidandomi delle responsabilità mi hanno reso più consapevole e attenta su questi concetti: ascolto, lavoro di gruppo, assertività, reciprocità.

Tutto sta nel vedere cosa ne salta fuori... e godersela.

 


Greta

Per me questa esperienza sta significato tanto sia in termini di lavoro che di vita perché, dopo il periodo Covid in cui mi sono rinchiusa in casa mi sono potuta relazionare con persone che avevano anche una vita completamente diversa dalla mia e che hanno trovato la forza di andare avanti nelle piccole cose. All’inizio ero molto timorosa di non riuscire a dare il cento per cento e di non riuscire a esprimere al meglio le mie capacità, ma poi mi sono resa conto che erano paure irrazionali...

Ciao! Sono Greta, ho 21 anni e sto vivendo una bellissima avventura!

Sto svolgendo il Servizio Civile Regionale presso l’Emporio della Solidarietà “Casa di Martino” e il Centro di Ascolto Caritas di San Martino Buon Albergo. Qui ho il compito di accogliere persone sole e in difficoltà ed ho potuto ascoltare molte esperienze di vita. All’interno dell’Emporio invece mi occupo di varie cose: aiuto i volontari nelle corsie e nella preparazione dei generi alimentari, sto alla cassa e svolgo alcuni lavori d’ufficio. 

Ho scelto di fare il Servizio Civile perché mi trovavo in un momento molto brutto della mia vita. Dopo il periodo Covid, in cui mi sono rinchiusa in casa, volevo ritrovare me stessa anche dando una mano al prossimo. All’inizio ero molto timorosa di non riuscire a dare il cento per cento e di non esprimere al meglio le mie capacità, ma poi mi sono resa conto che erano paure irrazionali.

Per me questa esperienza sta significando tanto, sia in termini di lavoro che di vita. Mi sono potuta relazionare con persone che hanno una vita completamente diversa dalla mia e che hanno trovato la forza di andare avanti nelle piccole cose. Ho maturato la consapevolezza che siamo tutti umani, ed è normale avere dei momenti di tristezza e fragilità. Mi sento di essere cresciuta tantissimo anche grazie alle storie, a volte difficili, delle persone che ho conosciuto. In particolar modo mi piace ricordare la storia di una giovane artista che ha girato il mondo e che si è ritrovata sola a crescere il suo biondissimo bambino, ma che ha trovato la forza per andare avanti proprio grazie all’arte e con l’aiuto del Centro di Ascolto.

Di questo anno porterò con me sicuramente le nuove e bellissime conoscenze che ho acquisito durante la formazione ma anche quelle personali: il mio gruppo di amici-colleghi di Servizio Civile e il personale di Caritas. Mi ricorderò anche dei volontari che mi hanno accompagnato in questo percorso e dei loro grandi insegnamenti d’amore verso il prossimo.

Per me il Servizio Civile è un’esperienza che tutti i giovani dovrebbero fare perché ti permette di crescere e ti aiuta a comprendere te stesso attraverso gli altri. Peccato che duri solo 12 mesi!

 


Davide

 

  • Una tua breve presentazione: chi è Davide Antolini

Sono Davide, ho 20 anni e vivo a Verona. Ho sempre avuto l’idea di fare un’esperienza di volontariato all’estero e l’anno scorso un’amica mi ha convinto a candidarmi al servizio civile internazionale, così ho fatto domanda presso Caritas Italiana per il progetto Caschi Bianchi in Indonesia. Un po’ a sorpresa sono stato selezionato e sono partito!

  • Cosa ti ha spinto a scegliere di impegnare un anno della tua vita al servizio degli altri? E perché hai scelto il servizio internazionale?

L’idea di trascorrere un periodo lungo in un paese diverso dal nostro mi ha sempre affascinato per la possibilità che offre di conoscere la cultura locale, e penso che un’esperienza di volontariato permetta di entrare a contatto integralmente con la realtà in cui si opera, dalle sfumature più affascinanti a quelle più difficili. Penso però che sia importante tenere sempre presente che una scelta come la mia non può essere fatta solo per spirito di aiuto, perché ci sono realtà altrettanto bisognose e in cui si può operare con maggior efficacia nelle nostre città. È invece una scelta nella direzione di aprirsi al mondo, di conoscere altri modi di vivere e di vedere la realtà.

Ho scelto il servizio civile perché ho pensato che fatto di operare all’interno di una grande organizzazione come Caritas avrebbe garantito un accompagnamento in un ambiente tanto diverso e faticoso in cui ambientarsi e di inserirsi in un progetto già avviato e organizzato.

  • Che valore/senso dai al servizio internazionale proposto da Caritas Italiana in collaborazione con le Caritas diocesane?
  • Sei stato destinato all’Indonesia: Dove fai servizio? Di cosa ti occupi? Quali le difficoltà? 

Faccio servizio a Gunungsitoli, nell’isola di Nias, nella Provincia di Nord Sumatra. Buona parte del mio tempo è dedicata all’organizzazione e realizzazione di attività con i bambini di Alma, la casa di accoglienza dove abito con Francesca, l’altra volontaria che è qui con me.

Inoltre partecipo alle visite domiciliari alle famiglie dell’isola con disabili a carico, durante le quali gli operatori del progetto aiutano a fare esercizi di fisioterapia e logopedia, e affianco i dipendenti della caritas locale in diversi progetti.

Le difficoltà, sopratutto all’inizio, sono state molte: dalle cose più pratiche, il clima, il cibo, la mancanza di tutte le piccole comodità a cui ero abituato, fino al doversi relazionare con persone che hanno modi di parlare, pensare e vivere totalmente diversi da quelli a cui ero abituato.

  • Qual è la situazione socio-politica?

L’isola di Nias è una delle aree più povere dell’Indonesia. La maggior parte della popolazione, soprattutto nei villaggi dell’interno, vive al limite della sussistenza. I progetti di aiuto governativi spesso sono inefficaci a causa della corruzione dilagante ad ogni livello.

A causa delle scarse conoscenze riguardo alimentazione e uso dei farmaci sono ampiamente diffusi problemi durante la gravidanza e c’è un’alto tasso di incidenza di disabilità sia fisica che mentale. Inoltre la scarsa conoscenza dei metodi contraccettivi porta a famiglie molto numerose, spesso oltre le loro possibilità economiche; tentativi di aborto improvvisati e abbandoni infantili non sono rari.

Infine l’isola è totalmente dipendente dall’esterno in quanto a prodotti alimentari e commerciali e la totale assenza di cura per l’ambiente ne deturpa le coste e l’interno.

  • Come riesci ad intessere relazioni con la popolazione locale?

La possibilità di vivere in una comunità di indonesiani è stata sicuramente fondamentale per migliorare la conoscenza della lingua e avere degli scambi con dei locali. In particolare ho legato molto con i bambini con cui vivo e con cui trascorro buona parte del mio tempo qui.

Anche i colleghi di Caritas Sibolga (la Caritas locale) sono sempre stati molto gentili e disponibili a parlare e dare suggerimenti.

Con il resto della popolazione invece è più faticoso relazionarsi perché, oltre alle prevedibile differenze di abitudini, qui gli occidentali, i “bianchi”, sono visti come qualcosa di strano e anche se sono tutti pronti a chiederti da dove vieni e se possono fare una foto con te, si fa fatica a stabilire un rapporto un po’ più profondo. Inoltre è estremamente diffusa l’idea che tutti i bianchi siano ricchi e questo ogni tanto innesca delle dinamiche un po’ difficili da gestire.

  • Come ti sei trovato? Quale impatto ha avuto su di te emotivamente il vivere in un paese tanto diverso dal nostro?

Devo confessare di essermi domandato, più spesso nelle prime settimane e sempre meno poi, “ma dove sono finito?” Le difficoltà iniziali sono state sopratutto legate all’inserimento nell’ambiente lavorativo in cui ognuno, tranne noi, sembrava avere un compito preciso e definito a occuparlo.

Poi, quando ho iniziato a superare questi problemi sono rimasti quelli più semplici: un po’ di nostalgia di casa, degli amici, la voglia di cibo italiano e di tutti i “piccoli lussi” che in Italia sono la normalità.

Ho però la fortuna di convivere con 32 ragazzini indonesiani che hanno sempre voglia di sorridere, giocare o anche solo di parlare con quelle poche parole di indonesiano che conosco. Loro mi danno la voglia di restare qui. Anche Francesca, la mia compagna di servizio, e Sonja, una volontaria austriaca che ha vissuto con noi fino a qualche settimana fa, sono state importanti nel sostenersi a vicenda nelle giornate più faticose e per rendersi conto che le difficoltà di uno erano le stesse degli altri. 

  • Sei rientrato da poco in Italia per il corso di metà servizio....ti restano 8 mesi di servizio, fai delle previsioni?

Mi piacerebbe riuscire a aiutare di più in Alma, la casa dove vivo, sia con attività per i bambini sia con aiuti pratici in casa: le cose da fare non mancano ed è bello vedere che le proprie azioni hanno un riscontro immediato.

  • Un messaggio ai tuoi coetanei affinché scelgano il servizio civile e soprattutto i Caschi Bianchi.

Sono assolutamente convinto che uscire di casa e conoscere il mondo sia molto più importante di tante cose che si possono imparare sui banchi di scuola, e che permetta anche di imparare a conoscere un po’ di più di più sé stessi. Il servizio civile permette di farlo aiutando altre persone, c’è forse un modo migliore di questo?

 


Emma

Mancano poco più di 24 ore alla scadenza del Bando 2019 e noi continuiamo a farvi conoscere le storie dei nostri ex volontari del Servizio Civile. Oggi vi raccontiamo la storia di Emma, ​​che ha trascorso un anno al servizio del Progetto Rete Donna nella sede Casa di Seconda Accoglienza. 

In una breve intervista, abbiamo parlato del perché e di come Emma abbia scelto questo particolare progetto e di quanto la sua scelta abbia influenzato la sua vita futura. 

Senza altri giri di parole  leggi qui!

Caritas Diocesana Veronese (Caritas DV): Ciao Emma. Raccontaci un po’ di te e della tua vita oggi.

Emma: Ciao, ho 23 anni, adesso sono educatrice in asilo nido e sto finendo la laurea in Scienze dell’educazione.

Caritas DV: Quando hai fatto servizio civile?

Emma: L’ho fatto 2 anni e mezzo fa, 2016-2017.

Caritas DV: Sono già passati due anni! Ti ricordi ancora qualcosa del processo di selezione?

Emma: Allora, mi ricordo che prima di tutto mi  hanno invitato in sede Caritas per un colloquio in cui mi hanno dato informazioni generali sul servizio civile, mi hanno descritto le varie sedi e io ho potuto iniziare a prendere appuntamenti per andare a vederle e in alcune ho anche potuto scegliere di fare un tirocinio osservativo.

Caritas DV: Si, ricordo che eri venuta ad informarti che ancora il bando doveva uscire, quindi hai avuto il tempo di conoscere bene le sedi che ti interessavano.

Emma: Esatto. Quindi sono andata un po’ nelle varie sedi e poi quando mi hanno detto che era partito il bando ho portato la domanda cartacea e poi c’è stata la selezione. Mi ricordo che eravamo tutti insieme in gruppo prima, e poi un colloquio individuale con la sede in cui io volevo andare.

Caritas DV: E come mai hai scelto il Servizio Civile proprio in Caritas?

Emma: Perché mi sembrava mi accompagnassero di più rispetto ad altri enti, cioè, in genere il fatto che è molto più semplice il capire, trovare il Bando, trovare le informazioni…  Perché in effetti  io ho deciso di fare il Servizio Civile un po’ anche perché avevo parlato con una ragazza che l’aveva fatto con voi, questo mi ha indirizzato; un po’ perché era l’unico luogo che proponeva qualcosa nel sociale in modo così diretto.

Caritas DV: E poi invece tu che servizio hai svolto durante il tuo anno di Servizio Civile?

 Emma: Ero in  Casa di Seconda Accoglienza (anche chiamata Casa Braccia Aperte) – che è una comunità mamma/bambino. Mi occupavo la mattina prevalentemente di segreteria o portineria oppure partecipare a volte alle riunioni delle equipe della casa. Al pomeriggio invece il servizio era più in affiancamento con l’educatrice della casa che lavorava con i bambini.

Caritas DV: E come l’hai scelta la tua sede di servizio? Cioè sapevi già cosa ti interessava?

Emma: Sapevo che volevo fare qualcosa che mi permettesse di stare in mezzo ai bambini, però mi ha aiutato molto il fatto di andare lì concretamente e vederlo. Sì soprattutto forse in quel momento, perché è vero che sono andata più volte eccetera, però quello che mi ha convinto di più forse è l’ambiente che ho trovato, cioè le educatrici, le suore che ho trovato lì -  sono legata più a quel tipo di servizio. 

Caritas DV:  La tua scelta rispetto al progetto ha soddisfatto le tue aspettative iniziali?

Emma: Sì assolutamente, forse anche di più di quello che avevo immaginato.  Voglio dire che mi aspettavo di conoscere un mondo nuovo per me, però non di imparare così tante cose nuove. Perché comunque con i bambini avevo già avuto a che fare e mi sono detta che queste mie precedenti esperienze mi avrebbero sicuramente aiutato. Poi però mi sono resa conto che di fatto  il target con cui ho fatto servizio è diverso da quello con cui ho avuto a che fare in passato e questo mi ha permesso di ampliare le mie competenze; ho imparato tante cose nuove a livello proprio relazionale, come relazionarsi con altre figure professionali, come le assistenti sociali, la psicologa e così via, capire come vanno certe relazioni, vedere cose che non avevo mai visto prima …

Caritas DV: E dopo aver avuto questa l’esperienza, in cosa ritieni che il Servizio Civile con Caritas sia diverso dalla proposta di servizio civile con altri enti?

Emma: Io penso proprio a livello umano, per come vengono seguiti i volontari.  Poi il fatto che Caritas abbia anche dei valori dichiarati ed espliciti - quello mi ha anche spinto a buttarmi in Caritas. Poi un po’ quello che ho detto prima: a livello della facilità di relazione che c’è, che si crea abbastanza subito ecco.

Caritas DV: Tu ricordi quali sono le sfide più grandi che hai dovuto affrontare durante il tuo anno di servizio civile?

Emma: Allora, ce ne sono state tante a cui mi viene da pensare. Ad esempio l’organizzazione mia a livello personale che è cambiata completamente: cioè studiare e gestire il servizio insieme. E’ stato bello però è stato anche una sfida perché ho dovuto ben organizzarmi, e mi son trovata magari ad avere alcune  giornate vuote e altre giornate completamente piene dalla mattina alla sera, quindi questo soprattutto. Poi, il fatto di relazionarmi con delle figure a cui non ero abituata: cioè mi vedevo io la ragazzina con figure “professionali”, quindi la sfida era capire qual era il mio ruolo all’interno del servizio e cosa potevo apportare.

Caritas DV: Invece i successi più importanti che ritieni di aver ottenuto durante quest’anno? Successi o, diciamo, le soddisfazioni più grandi che ricordi di aver ottenuto?

Emma: Beh, non pensavo di sentirne così tanto la mancanza quando è finito. Il primo mese un po’ me lo aspettavo. Alla fine dell’anno avevo sicuramente una stanchezza,  ma poi adesso che ci ripenso dopo anni, sento che eravamo veramente come una famiglia, non so come dire, …. il legame che si è creato che non pensavo minimamente potesse essere… e anche lo stesso ricordo che hanno loro di me quindi dico sì, allora un po’ di buono ho lasciato insomma!

Caritas DV: Cioè è rimasto un legame… questo per noi è una grande soddisfazione! Ok, senti, e invece adesso ti chiedo proprio un ricordo o magari un fatto o una situazione la più positiva diciamo e la più negativa del tuo anno.

Emma: Aspetta che ci penso un attimo… allora, non è negativo né positivo questo ricordo qua, però è un ricordo molto forte che mi è rimasto: il fatto che una mamma ospite della Casa cercava di capire se la figlia poteva rimanere con lei oppure se gliela avrebbero tolta … eccetera, perché c’erano dei problemi, e quindi questa mamma era in costante tensione e faceva delle sfuriate allucinanti. Una volta lei ha fatto una sfuriata in casa che aveva lanciato qualcosa e la bambina era venuta giù. E niente, le ho detto “dai andiamo giù a giocare” e tutto è cambiato anche se si vedeva che aveva le lacrime agli occhi, aveva quattro anni quindi questa cosa qua me la ricordo molto bene, non so se hai capito cosa intendo…

Caritas DV: Sì sì sì l’episodio, sì.

Emma: Questa cosa mi ha un po’ segnato: sì è negativo come episodio però è stata una cosa anche molto forte – sì sì intensa. 

Altri episodi che mi hanno segnato… Ci sono tante cose, per esempio, la festa finale quando mi hanno salutato –sì, la modalità con cui mi sono sentita parte del gruppo, della “famiglia” della Casa e questa modalità con cui anche ci siamo  lasciati alla fine del mio anno di servizio.

Caritas DV: E in termini di competenze? quindi che tipo di competenze pensi di aver acquisito durante il tuo servizio? 

Emma: Sicuramente competenze comunicative. Intendo essere in grado di capire quando, come intervenire e soprattutto imparare a riconoscere anche il non verbale nella comunicazione che magari è una cosa a cui non pensavo prima; cioè con le persone e con le mamme è fondamentale e anche coi bambini. Poi come competenza mi viene in mente anche il saper tenere sempre presente  l’aspetto umano che però non deve prevalere su quello professionale. Quindi cercare di capire cosa sia giusto fare perché spesso hai a che fare con situazioni che ti fanno tenerezza, oppure pena e ti verrebbe da reagire a volte in modo un po’ troppo spontaneo.  E invece bisogna capire qual è il bene per quella persona, nel senso che a volte bisogna fare dei passi indietro o dire dei no e non sempre è semplice.  Diciamo che il confronto con le figure professionali di riferimento e con l’OLP ti aiuta a capire quale sia la cosa migliore da fare per il bene di questa o quella persona. Cioè fare delle scelte valutate anche con uno sguardo professionale è una cosa da non dare per scontata.

Caritas DV: Ok ok, chiaro… e queste competenze di cui parli ti sono comunque utili adesso nella tua vita presente? personale e professionale?

Emma: Guarda, tantissimo!  Per esempio io adesso lavoro in un asilo nido e ci ho lavorato anche prima del servizio civile. E’ vero che dovevo ancora iniziare l’università, però ho visto la differenza: ad esempio ora sono molto più curiosa, mi documento di più,  leggo molti più libri, vado a cercare molte più cose e spesso mi faccio molte più domande anche per gli atteggiamenti dell’educatore.  All’interno del servizio l’educatore può avere un ruolo molto dinamico, e questo l’ho imparato  soprattutto nella mia sede di servizio più che in altri asili nidi, capito cosa intendo?

Caritas DV: Sì sì, sei stata molto chiara! Tu già mi hai detto che studiavi durante il tuo anno di Servizio Civile:  a questo proposito puoi dirmi qualcosa rispetto al fatto che hai portato avanti queste due cose in parallelo e come ti sei trovata?

Emma: Sì, ti dico per me è stata dura, però lo rifarei proprio allo stesso modo. Nel senso che è stato super fattibile anche per come sono fatta io,  che studiavo anche la sera.  Però mi sono detta che anche se faticoso, vale la pena perché in fondo è un anno soltanto. Certo non è che abbia ottenuto i risultati migliori agli esami in quel periodo, però va bene così: almeno sono comunque andata avanti con il mio corso di studi. 

Certo rispetto ad altre persone che facevano un servizio con orari più elastici forse per me è stato più impegnativo. Io sul servizio dovevo garantire la mia presenza in certi momenti e non avevo molto margine per fare eventuali recuperi… 

Caritas DV: Sì, praticamente contavano sulla tua presenza nel servizio… 

Emma: Si esatto, contavano sulla mia presenza, dovevo attenermi in maniera abbastanza rigida al mio piano di impiego. Cioè non è che potevo dire vabbè grazie tante sto a casa tre giorni e poi recupero….

Caritas DV:  Si certo, in alcune sedi in effetti la presenza del volontario in Servizio Civile è particolarmente preziosa…. senti ma poi hai inserito la certificazione del Servizio Civile nel tuo CV? E ritieni che questo sia stato utile nella tue successive  ricerche di lavoro?

Emma: Sì, sicuramente molto: nell’ultimo colloquio che ho fatto, quello dove poi mi hanno assunta, e anche l’anno scorso, quando seguivo un ragazzino autistico a casa tutti i pomeriggi, hanno voluto approfondire molto la mia esperienza di Servizio Civile.  Anche quest’anno, nel corso del colloquio mi hanno proprio chiesto come mai avessi scelto un servizio del genere molto diverso dal lavoro da educatore in asilo nido per il quale mi stavo candidando. Cioè erano tanto curiosi, ecco. 

Caritas DV: Immagino, perché un’esperienza del genere da sempre spunto ad un selettore per approfondire la conoscenza del candidato. E invece senti, questo me l’hai già spiegato, però te lo chiedo in modo diretto:  pensando alla tua vita in generale, aldilà dell’aspetto puramente  professionale, di cui mi hai spiegato già molto bene, qual è  l’impatto del Servizio Civile sulla tua vita di oggi,  cioè sulla Emma di oggi?

Emma: A me ha aiutato innanzi tutto a decidere di fare una cosa perché la volevo io e a prendermi in mano come persona singola e non fare una cosa solo perché tutti la fanno, perché è la prassi, non so, come l’università oppure andare a lavorare,  andare a scuola, capito –sì- mi ha aiutata a fare una scelta mia, ed è un ricordo che ho solo io, magari senza il mio gruppo di amici, cioè… una cosa mia che mi ha reso molto più autonoma.  Oggi, quando devo fare una scelta cerco sempre di chiarire a me stessa se è una cosa che voglio io; se è una cosa che mi piace fare,  quindi ho imparato a ragionare molto di più su questo aspetto e a non prendere decisioni solo perché è una cosa che fanno tutti, ma a ragionare più con la mia testa.

Caritas DV: Sì sì, cioè intendi dire che ora le scelte che fai sono più consapevoli. E meno basate sulle aspettative degli altri o della società. 

Emma: Esatto, faccio molto di più questo pensiero.

Caritas DV: Però bello, questa riflessione è molto stimolante e utile quando si devono fare delle scelte nella vita.  Senti, a proposito di scelte,  ad un ragazzo o ad una ragazza che dovesse scegliere adesso, cosa diresti per consigliare il Servizio Civile rispetto alla tua esperienza? 

Emma: In pratica uno spot pubblicitario per consigliare di fare il Servizio Civile!  Sì, direi loro di buttarsi, perché sicuramente sono più le cose guadagnate che quelle perse. Direi loro anche che prima dei 30 anni,  in una fase della vita in cui ancora è difficile aver trovato un lavoro fisso, questo tipo di esperienza non è mai tempo perso. Anzi!  Secondo me è un grande  guadagno,  uno sprint in più per il nostro futuro.

Caritas DV: Grande Emma,  si percepisce bene il tuo entusiasmo! Senti adesso due domande proprio di quelle semplici semplici….  Ad esempio quali sono le tue speranze e aspirazioni per il futuro a livello personale?  Quali sono oggi i tuoi sogni per te, per la tua vita futura e  per la vita delle persone a cui tieni insomma?

Emma: Beh, sicuramente una cosa che mi ha spinto a fare il Servizio Civile è il desiderio di riuscire ad aiutare le persone. Spesso si pensa che per aiutare gli altri si debba fare chissà quali azioni straordinarie o si pensa ad aiutare le persone all’altro capo del mondo. Poi facendo la mia esperienza di Servizio Civile mi sono resa conto invece del fatto che basta girare lo sguardo e abbiamo infinite occasioni per poterci rendere utili agli altri e per essere d’aiuto. In famiglia, tra amici e simili…  quindi il mio sogno in realtà è appunto di riuscire un giorno a creare una famiglia che abbia uno sguardo sempre rivolto verso l’esterno. Si di immaginare di avere sempre questo sguardo che ho imparato ad avere durante il Servizio Civile quindi.

Caritas DV: Certo, chiarissimo. E invece, sempre pensando al futuro, che mondo vorresti lasciare ai tuoi figli? Questa che ti chiedo è più una speranza per il mondo…

Emma: Oh Signore che domandone!  Diciamo che vorrei una comunità dove c’è sempre più apertura verso l’altro, come una Caritas nel mondo. A volte serve che ci sia una comunità forte  anche nel mondo in generale.

Caritas DV: Questo mi sembra una bellissima aspirazione Emma! Ecco, abbiamo finito! Allora grazie veramente per il tuo tempo, è stato estremamente bello sentirti e sapere che stai facendo un percorso che ti appartiene. Siamo certi che tutte le tue aspirazioni diventeranno realtà. 

Intanto un grosso in bocca al lupo e arrivederci a presto! 

Emma: Grazie mille, un  saluto a tutti voi!