Paul Kofler
Mi chiamo Paul Kofler ho 30 anni, abito in Val Venosta a Silandro, e sono educatore in un centro giovanile. Ho fatto Servizio Civile nel 2008 – 2009. Il processo di selezione è stato breve perché mi sono iscritto tardi, è stato tutto veloce, con la lingua non capivo niente perché parlavo solo tedesco fino a quando non ho iniziato. Ho presentato la mia candidatura a Luglio e ho iniziato a Settembre.
E’ stata mia mamma a suggerirmi di provare il servizio civile. Dopo la maturità, non avevo voglia di continuare gli studi, quindi ho deciso di scegliere questa esperienza per imparare l’italiano e per provare a vivere in autonomia insieme ad altri giovani in servizio.
Nel mio anno di servizio facevo varie attività: al mattino ero in Caritas e mi sono occupato della catalogazione dei libri nella biblioteca, mentre al pomeriggio svolgevo un servizio presso casa di seconda accoglienza “Braccia Aperte”. Io ho accettato quello che mi hanno dato da fare, perché inizialmente non capivo la lingua, mi sono messo a disposizione
Anche l’esperienza della vita comunitaria per me è stata molto importante, una bellissima esperienza. Eravamo in tre, io, Michele e Nicola. Con Michele ci vediamo ancora, lui mi ha aiutato a scegliere la mia strada e prendere ficucia in me stesso.
Certo, c’erano delle difficoltà, ma nulla di straordinario. Tutto quello che ho vissuto mi è stato molto utile quando poi sono andato a studiare a Vienna. Inoltre, ho capito che mi interessava studiare Servizio Sociale, mi piaceva ed ero anche bravo. Sono stato ammesso al corso di studi proprio perché hanno visto che avevo svolto servizio civile mentre non avevo avuto un buon risultato al test di ammissione.
La sfida più grande è stata svolgere il mio servizio collegandolo all’esperienza di fede e questo mi è pesato. Tuttavia, ho vissuto un momento che mi ha permesso di acquisire fiducia, una volta ho dovuto affrontare un padre che si è avvicinato ad un bambino che stavo seguendo durante il mio servizio e che non poteva essere avvicinato, perché ospite della casa di accoglienza. Il fatto di essere riuscito a gestire bene una situazione molto critica come questa, mi ha fatto sentire soddisfatto di me stesso.
Tra le cose che ho imparato nel mio anno di Servizio Civile c’è sicuramente il fatto che nella vita è importante l’empatia; mi sono reso conto che la vita non è bella per tutti, ho imparato l’importanza di aiutare gli altri e che ci sono persone meno fortunate, ma c’è sempre la possibilità di aiutarle. Aggiungendo lo studio a questa esperienza ho avuto ancora più possibilità di riflettere sulle cose che ho vissuto. Ho sviluppato una sensibilità diversa, su tutto, nella vita.
In generale, la mia speranza e aspirazione per il futuro è scoprire l’umanità nei lati più oscuri, passare il proprio tempo con gli ultimi, soprattutto quando c’è un momento di festa, quando la gente sola si sente ancora più abbandonata.
Oggi direi ad un ragazzo di fare il Servizio Civile perché è una esperienza forte, ti sfida, ti insegna, esci più cosciente di situazioni diverse che possono succedere. Senza sfide grandi non si cresce, ci aiuta a scoppiare la bolla in cui spesso viviamo.
Paul Kofler – operatore volontario Servizio Civile Universale (anno 2008/2009)
Quando il pallone crea integrazione
Prendi un gruppo di richiedenti asilo che arrivano da viaggi incredibili ed estenuanti e che sono vivi per un vero e proprio miracolo. Prendi un altro gruppo di giovani, stavolta italiani, che ha deciso di dedicare il proprio tempo a servizio della diocesi di Verona come volontari al Centro di pastorale adolescenti e giovani. Mettili a vivere vicini. Dai loro una palla da calcio e… che la magia abbia inizio! Integrazione, amicizia, conoscenza reciproca, scoperta, gioco. La casa di accoglienza Madonna di Guadalupe all’ex Cum di San Massimo a fianco del centro San Giovanni Paolo II, sede del Cpag diocesano, offre una meravigliosa immagine di condivisione e di Chiesa. E per una volta il risultato sul campo non interessa per nulla.
Missio Giovani in Caritas
Essere giovani che si preparano ad una partenza in missione non significa solo avere un biglietto aereo in mano e la buona volontà di spendere del tempo a servizio di persone in giro per il mondo. Essere giovani desiderosi di vivere appieno un’esperienza missionaria con la diocesi di Verona significa anche partire con la consapevolezza di una Chiesa alle spalle che ti invia, con un percorso di formazione che ti aiuta ad affrontare l’esperienza con più consapevolezza e attenzione, con l’idea che si va a camminare insieme a persone di Chiese sorelle con le quali condividere un pezzetto di vita importante.
E così, noi giovani del gruppo Il Sandalo, del Centro missionario diocesano, ci stiamo preparando qui a Verona per quello che sarà il nostro futuro di servizio: nella nostra città, ma, forse, anche in una missione dove sogniamo di essere chiamati a vivere. Il percorso del Sandalo prevede incontri formativi, incontri di conoscenza, ma anche giornate di attività e di volontariato nelle varie realtà di volontariato che la diocesi di Verona può offrire. Tra queste, Caritas Diocesana Veronese ci ha proposto Corte Melegano, sede del progetto di Caritas dedicato ai senzatetto neomaggiorenni. Stiamo parlando di giovani fragili, che provengono da situazioni di grave marginalità e che Caritas, attraverso la sua cooperativa Il Samaritano, accoglie e accompagna in un pezzetto di vita verso l’autonomia.
A Corte Melegano abbiamo incontrato i ragazzi ospiti, abbiamo ascoltato alcune storie davvero toccanti e siamo stati insieme a loro. Poi gli educatori ci hanno dato la possibilità di svolgere un servizio in casa loro: c’è chi si è occupato del riordino della cucina, chi ha pulito bagni, chi ha sistemato stanze o chi ha lavato pavimenti. Infine, abbiamo cucinato tutti insieme e sfruttato appieno il forno per la pizza che la casa offre. È stato un appuntamento molto bello anche per i ragazzi ospiti di Corte Melegano che hanno potuto lavorare e mangiare insieme a noi, loro coetanei, e che non si sono sentiti gli invisibili che spesso la società vuole che siano. Ma è stato soprattutto un momento di dialogo, confronto e amicizia, indimenticabile per tutti.
Rebecca
Ciao! sono Rebecca,
ho 17 anni e frequento il quinto anno presso il Liceo Scientifico A. Messedaglia. Grazie ad un’uscita scolastica con il prof. Marco Puntaloro sono venuta a conoscenza del mondo Caritas.
Mi è sembrato subito il luogo adatto in cui svolgere il mio progetto PCTO, sia per l’interazione con le persone che per le capacità di collaborazione che avrei messo in gioco. Inoltre ero desiderosa di interfacciarmi con una realtà per me nuova e interessante.
PCTO agli Empori della Solidarietà
A seguito della visita con la mia classe all’ Emporio della Solidarietà “Don Giacomelli” ero certa di voler intraprendere questa esperienza. Mi affascinava l’idea di conoscere storie di persone, immedesimarmi in loro, aiutare il prossimo e allo stesso tempo approcciare un lavoro. Infatti, durante la mia permanenza in Emporio, sono stata principalmente alla cassa, ma ho potuto svolgere anche attività in magazzino, accoglienza e supporto in corsia.
Inizialmente nella mia testa l’Emporio era solamente un luogo di servizio alla comunità, un dedicarsi esclusivamente al bisogno del prossimo, ma durante il mio servizio ho capito che è un mondo multi sfaccettato, fatto di tanti rapporti umani sinceri.
Che cosa mi porto a casa da questa esperienza
Ho conosciuto delle persone con un cuore grande, pronte a supportarmi e a supportarsi tra loro, desiderose di aiutare il prossimo, che dedicano il proprio tempo libero a persone che ne hanno bisogno. All’Emporio inoltre ho potuto mettermi alla prova e testare le mie capacità, approcciando per la prima volta al mondo del lavoro e alla “fatica” ed ho capito quanto sono fortunata.
Sono molto felice di questa esperienza e dei rapporti che ho costruito perché mi hanno insegnato tanto, mi hanno aiutata a crescere, a essere più responsabile e a maturare. Se dovessi trovare un nome a questa esperienza sarebbe “crescita”.
Consiglio vivamente a chiunque di provare un’esperienza del genere, poiché oltre ad acquisire delle competenze pratiche, ti permette di crescere personalmente, ti migliora come persona, ti fa sentire bene e questa credo sia la cosa più importante. Inizi solo pensando di fare del bene agli altri, ma quando sei dentro senti che a stare bene in primis sei tu.
Ad oggi mi sento una persona migliorata e più sicura di me stessa anche perché non mi sono mai sentita giudicata o inferiore per la mia età; sono stata trattata da adulta e questo mi ha permesso di credere in me e di lavorare bene in un gruppo.
Rebecca
Rebecca Avanzini è una studentessa di V Liceo E. Messedaglia che nell’estate 2023 ha scelto di svolgere il suo progetto PCTO presso l’Emporio della Solidarietà “Don Giacomelli”.
Elia
Mi chiamo Elia e ho 20 anni.
Ho deciso di iniziare il Servizio Civile dopo aver concluso il mio periodo scolastico delle superiori. Avendo finito la scuola in un periodo molto difficile in cui ancora si capiva poco del Coronavirus e volendo poi continuare gli studi all’università, ho deciso di prendermi un “anno sabbatico”. Non volevo ricominciare a studiare senza prima essere certo di cosa studiare, perciò nel frattempo avevo deciso di tenere le “mani in pasta” facendo qualcosa di produttivo e ciò mi ha portato a scoprire il Servizio Civile all’Emporio della Solidarietà “Verona Est”.
Le mie mansioni all’Emporio variavano molto anche in base al tipo di giornata. Tutte le mattine le passavo in magazzino. Assieme ai volontari svolgevo attività come il carico della merce sul gestionale, valutavo i prodotti da mettere in offerta, selezionavo i vari ortaggi da esporre all’interno del market e immagazzinavo i beni che hanno scadenza di lunga durata e che quindi non dovevano essere portati in Emporio immediatamente. I pomeriggi invece, prestavo il mio servizio presso il market solidale. Qui accompagnavo i vari utenti mentre facevano la spesa, stavo in accoglienza dove si controllano le tessere e si facevano quattro chiacchiere, ma la maggior parte delle volte facevo il “cassiere”.
Quando si pensa all’immagine della persona povera a molti viene in mente quella di un barbone per strada, sporco e coi vestiti stracciati. Questo è il tipo di persona che mi aspettavo di incontrare all’Emporio della Solidarietà. Invece già dalla prima settimana ho iniziato a capire che il concetto di povertà è molto più complicato, vasto e che possiede molte variabili.
In Emporio ci sono persone che hanno perso il lavoro, che avevano una vita stupenda e poi un tragico incidente le ha stravolte, che non riescono ad integrarsi, che riescono a malapena ad arrivare e fine mese con quello che hanno. Attraverso il lavoro in Emporio ho capito che una persona non è povera solo per quello che indossa o per come vive. Non c’è modo di riconoscerla semplicemente camminando per strada. Questo ha creato in me maggiore consapevolezza sulla complessità di molte situazioni e una nuova apertura verso l’altro.
Elia
Elia Gaole – operatore volontario Servizio Civile Regionale (2021/2022)
Linda
Ciao, mi chiamo Linda, vengo da Udine e ho svolto il Servizio Civile presso l’Emporio della Solidarietà “Don Giacomelli” di Verona. Devo essere sincera, questa scelta è stata un po’ una sorpresa non solo per i miei genitori, ma anche per me. Ho sempre vissuto e studiato a Udine per cui non ero mai uscita dalla mia comfort zone fino a gennaio 2021 in cui ho scelto di provare a candidarmi per un progetto qui a Verona.
Quando ho scoperto di essere stata selezionata ammetto che nelle settimane successive era un turbinio di emozioni che mi rendevano prima sicurissima della mia scelta e poi in bilico sull’idea di mollare tutto.
Il 25 maggio 2021, quando ho iniziato questo percorso mi è sembrato tutto chiaro. Devo ammettere che nel primo periodo le bellezze di Verona hanno aiutato ad aprire gli occhi su quanto io sia stata fortunata e quanto abbia fatto bene a compiere questa scelta.
Non vi dirò come funziona l’Emporio della Solidarietà o come viene svolta una giornata tipo (per quello vi consiglio di seguire la pagina Instagram @cantiericaritasnordest). Voglio suggerire però a chi non è ancora del tutto sicuro di svolgere Servizio Civile di buttarvi. Buttatevi come ho fatto io!
Le persone con cui lavorerete, le persone che aiuterete e voi stessi in primis, vi sorprenderanno ogni giorno. Vi stupirete delle amicizie che si possono creare con gli altri operatori volontari di Servizio Civile, di quanto simili si possa essere anche venendo da posti diversi del mondo. Di quanto bene c’è nelle persone e di quanto cose semplici (come imparare il nome di una persona), possano essere in grado di creare dei legami di fiducia che neanche voi pensavate di plasmare.
Linda
Linda Genero – operatrice volontaria Servizio Civile Universale (anno 2021/2022)
Ilaria
Mi presento, sono Ilaria, ho quasi 28 anni e ho avuto la fortuna di svolgere il Servizio Civile presso l’Emporio della Solidarietà “Buon Pastore” e il Centro di Ascolto Caritas dell’Unità Pastorale di San Giovanni Lupatoto.
Dico la fortuna perché è stata proprio una serie di fortunati eventi a portarmi qui. Nemmeno ci dovevo essere. Mi ero candidata per un’altra sede, e precedentemente per un altro progetto di Servizio Civile. Ma niente, era in questa sede che dovevo stare. Mai, mai avrei immaginato che potesse essere così bello e arricchente, completo e stimolante. Non ho utilizzato parole a caso per descrivere questa esperienza.
Tutto è partito dall’ottobre del 2020. Dopo anni di decisioni prese più con la testa che con il cuore, ero finita in un limbo di immobilità e monotonia a cui dovevo assolutamente mettere fine. Quindi mi sono chiesta: “Ma a me cos’è che piace fare? Cosa vorrei provare a fare per essere felice, per essere me stessa?”. Ho acceso il computer, ho digitato le due parole fatidiche “volontariato” e “Caritas” e in due secondi è apparso un video in cui un ragazzo parlava della sua esperienza di Servizio Civile. L’ho capito subito. Anche io volevo far parte di questa realtà…
In quel periodo ciò che mi mancava e che cercavo disperatamente erano gli stimoli. E dopo essermi candidata e vari passaggi burocratici eccomi arrivata all’Emporio “Buon Pastore”. Sono stata ufficialmente la ragazza di Servizio Civile ma a dir la verità in poco tempo mi chiamavano tutti per nome.
Alle persone che mi chiedono “Beh che cosa hai fatto?” mi viene da rispondere “Sono stata con le persone”. Ecco, questo ho fatto attraverso il Servizio Civile. Sono stata insieme alle persone che venivano a fare la spesa, a chi li accompagnava, ai loro figli, che se piccoli cercavo di intrattenere attraverso la lettura di un libro, un disegno, un gioco. Con le persone chiacchieravamo, ci conoscevamo. Sono stata con i miei compagni di Servizio Civile che hanno fatto sentire meno mie e più nostre tutte le paure e le incertezze legate al futuro, (forse anche al presente) e speriamo all’età. Sono stata insieme ai volontari dell’Emporio e del Centro di Ascolto che considero oramai più amici che colleghi.
Ma sono stata anche con persone che non la pensavano come me, che reagivano in maniera diversa da come avrei fatto io. Che hanno reso difficile il mio essere comprensiva e disponibile. Ed è attraverso questo “stare”, in cui ho incontrato idee così diverse dalle mie che è iniziata la mia avventura più grande. Mi sono dovuta mettere alla prova per forza. Se una volta mi sarei semplicemente distaccata il più possibile, oggi cerco con tutte le mie forze a non schierarmi a priori, ma di trovare un punto di incontro e il modo giusto per affrontare le cose.
Ilaria
Ilaria Lecci – operatrice volontaria Servizio Civile Regionale (anno 2021/2022)
Giorgia
In questi giorni un’amica mi ha chiamato per chiedermi alcuni consigli sul Servizio Civile, dato che sta pensando di candidarsi anche lei… “Caspita! un anno fa io ero nella sua stessa condizione” – ho pensato quando mi ha chiamata. Ero alla ricerca di un progetto che mi piacesse e allo stesso tempo che fosse in linea con le mie competenze e i miei studi.
Oggi mi guardo e cosa vedo? Vedo una Giorgia che in questi mesi si è impegnata molto, si è messa in gioco e si è posta molte domande. Molti interrogativi sono rimasti aperti, ma va bene così. Non possiamo sapere tutto e avere dubbi spesso ci spinge a fare luce e a cercare risposte anche negli angoli più nascosti dentro e fuori di noi.
Una domanda a cui però trovo facilmente risposta è la seguente: “Rifaresti il Servizio Civile?” E la mia risposta è un sì convinto! “Sì, lo rifarei!”
Lo rifarei perché mi ha permesso di vedere le cose da altre prospettive. In questi mesi ho visto il mondo attraverso gli occhi di Viola, mamma di cinque figli senza lavoro che viene all’Emporio della Solidarietà sempre con il sorriso, così come quelli di Simone, volontario dell’Officina culturale che tiene i laboratori di informatica, e quelli di Mohamed, volontario del magazzino che smista i prodotti prima che vengano distribuiti.
Potrei proseguire ancora per molte righe questa lunga lista di persone che hanno lasciato un segno dentro di me. E pensare che ero io quella che desiderava lasciare un segno… Ho sempre voluto rendermi utile in qualche modo e fare qualcosa per gli altri, per la comunità, una realtà quest’ultima che sembra così lontana da noi giovani a volte, ma che con il Servizio Civile sto imparando a conoscere giorno dopo giorno.
Lo rifarei perché mi ha dato speranza. Terminati i miei studi universitari non sapevo ancora in che direzione impostare la mia vita… Svolgendo il Servizio Civile ho capito meglio quali sono i miei punti di forza e di debolezza, i miei limiti e le qualità su cui invece potrei puntare anche per un mio futuro lavorativo. Mi sono trovata a gestire tante situazioni, a relazionarmi con molte persone diverse… Ho capito che è questa la mia comunità e che tutti ci stiamo dentro e meritiamo di essere ascoltati.
Lo rifarei perché è un’opportunità di crescita unica, su tanti livelli. Prima di tutto personale, ma anche professionale. Quando leggevo sul sito della Caritas Verona, che il Servizio Civile è un’esperienza di crescita non ci credevo al 100%, invece è così, o per lo meno nel mio caso lo è stato.
È questo che ieri ho detto alla mia amica. Le ho raccomandato di scegliere bene il progetto per il quale candidarsi ma soprattutto di prepararsi a conoscersi e a conoscere realtà con cui magari fino ad ora non ha mai avuto a che fare, ma che vale la pena incontrare e sperimentare.
Giorgia
Giorgia Galante – operatrice volontaria Servizio Civile Universale (anno 2021/2022)
Tommaso
Bella a tutti!
Sono Tommaso, 26 anni. Ho scelto di svolgere il mio anno di servizio civile presso la Caritas di Udine, in un progetto dedicato all’educazione alla mondialità. Nelle scuole proponiamo percorsi di sensibilizzazione su tematiche globali (diritto al cibo, immigrazione, tratta ecc.). Tematiche che interrogano la nostra umanità e in cui la Caritas è direttamente coinvolta attraverso la propria azione. Do il mio piccolo contributo nella redazione delle ricerche sociali che l’Osservatorio diocesano sulla Povertà e Risorse e riservo alcune ore all’operato in Centro d’Ascolto.
Ho scelto la Caritas perché il tema della povertà mi intimoriva e incuriosiva allo stesso tempo. Volevo saperne di più, giocando le capacità che ho nella prospettiva “strana” di un anno di servizio. Servizio è una parola che oggi usiamo per i “servizi” (Netflix, Amazon Prime…) che paghiamo per avere un beneficio particolare. Il Servizio Civile è un po’ diverso. Mi pare di aver capito che esce dalla logica mercantile della domanda e dell’offerta, per entrare in quella del “credito”, nel senso di fiducia, gratuitamente offerta ai poveri, alle persone, alla realtà nelle sue più fragili propaggini. “Credito” nel senso di tempo e talenti da dare senza la garanzia di un ritorno.
Quando accogliamo una persona al Centro di Ascolto o entriamo in una classe, non sappiamo che sarà dell’ascolto, degli aiuti, delle parole e riflessioni che regaliamo. «Il mio fare e il mio dire cambieranno effettivamente qualcosa?», me lo chiedo spesso!
L’esperienza di un servizio così inteso è a volte scomodo, poco rassicurante, in contro-tendenza rispetto a una società dove c’è un potente imperativo: avere il bilancio del proprio progetto di vita sempre in attivo. Non perdere mai.
Ecco, se c’è una ragione per cui fare il Servizio Civile e farlo in Caritas, è quello di prendersi il rischio di incontrare chi può sembrare che oggi stia perdendo. Così, lo vedo in me e nelle persone con cui collaboro. C’è la possibilità di diventare un po’ meno analfabeti (non pretendo “esperti”) di umanità.
Tommaso
Tommaso Nin – operatore volontario Servizio Civile Universale (anno 2021/2022)
Chiara
Sono una ragazza di Verona come tante altre, con la differenza di sentirmi intrappolata se rimango troppo a lungo nella mia bella città. Ho 26 anni e sono laureata in Lingue per la Comunicazione e la Cooperazione Internazionale a Padova. Da sempre sono stata orientata verso il mondo del sociale, sia per un’inclinazione personale, sia per il mio lungo percorso all’interno dello scoutismo. A questo si è da subito aggiunta la mia voglia di conoscere il mondo e le diverse culture.
Con il tempo ho deciso di voler trasformare questa mia inclinazione in qualcosa di più concreto, di farla diventare parte integrante della mia vita. È così che ho iniziato a guardarmi intorno e a cercare un modo per partire, non più solo per una breve esperienza ma per provare a mettermi concretamente alla prova nel lavoro sul campo. È questa la possibilità che dà il Servizio Civile internazionale: impegnare un anno della propria vita in progetti di cooperazione e mettersi in gioco per scoprire quale potrebbe essere la propria strada, perché un’esperienza così forte e totalizzante obbliga anche a riflettere su se stessi.
Ho deciso candidarmi presso Caritas Italiana per un progetto in Guinea Conakry, un paese poco conosciuto dell’Africa Occidentale. Quello che mi ha colpito dell’approccio Caritas è il voler collaborare nei Paesi in via di sviluppo INSIEME alla gente, non PER la gente. La maggior parte dei progetti sono gestiti da uno staff completamente locale, con cui la Caritas Italiana tiene regolarmente i contatti.
Sono stata inserita all’interno dell’OCPH (Organisation pour la Promotion Humaine), la Caritas della diocesi di N’Zérékoré, nel sud del Paese. Lo staff è tutto guineano, e poi c’eravamo io e Michele, il mio compagno di viaggio. Al nostro arrivo abbiamo visitato i tanti progetti dell’organizzazione che toccano le fasce più disagiate della popolazione: malati, donne vedove e abbandonate, carcerati… Il nostro ruolo è stato quello di seguire con loro i progetti e di lavorare insieme dando idee e il nostro contributo, per quanto possibile. È stato un lavoro non certo facile, che si è scontrato con le difficoltà concrete legate alla realtà del luogo e le differenze culturali che sono molto marcate.
Intessere relazioni umane con la gente del luogo non è stato difficile. Mi sono sempre sentita bene accolta, anche se le differenze culturali erano tante e a volte mi sembrava di viaggiare su mondi davvero diversi e difficilmente comunicabili. Tuttavia, un piatto di riso in mezzo alla propria famiglia allargata è una proposta che mi è stata fatta molte volte e a cui non ho mai saputo rinunciare.
Ai ragazzi che sono alla ricerca di un’esperienza “forte”, dico di buttarsi con entusiasmo e cercare di prendere il meglio dall’enorme possibilità che offre il Servizio Civile internazionale. Il confronto con il diverso ci aiuta a metterci in discussione, a conoscere meglio noi stessi e gli altri, a ragionare senza pregiudizi. Un’esperienza che sono sicura servirebbe a tutti vivere.
Chiara
Chiara Brunelli – casco bianco Servizio Civile Internazionale (anno 2014/2015)